canto inferno
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Canto XXIII Inferno

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Riassunto
Il canto ventitreesimo dell'Inferno di Dante Alighieri si svolge nella sesta bolgia dell'ottavo cerchio, ove sono puniti gli ipocriti; siamo nel mattino, verso le nove, del 9 aprile 1300 (Sabato Santo), o secondo altri commentatori del 26 marzo 1300.

Il canto chiude, dopo i due precedenti (XXI e XXII), l'episodio della bolgia dei barattieri, dove Dante e Virgilio assistono alle peripezie di un gruppo di diavoli (i Malebranche), assegnati loro malgrado come scorta non richiesta
 
Parafrasi
      Taciti, soli, sanza compagnia
      n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo,
      come frati minor vanno per via.
Silenziosi e soli, senza altri insieme a noi, andavamo uno dietro l'altro, come i frati minori che vanno per strada.
 
    Vòlt'era in su la favola d'Isopo
    lo mio pensier per la presente rissa,
    dov'el parlò de la rana e del topo;

Parafrasi:

   

ché più non si pareggia 'mo' e 'issa'
che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia
principio e fine con la mente fissa.

Parafrasi:

 

E come l'un pensier de l'altro scoppia,
così nacque di quello un altro poi,
che la prima paura mi fé doppia.

Parafrasi:
   

Io pensava così: 'Questi per noi
sono scherniti con danno e con beffa
sì fatta, ch'assai credo che lor nòi.

Parafrasi:
   

Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa,
ei ne verranno dietro più crudeli
che 'l cane a quella lievre ch'elli acceffa'.

Parafrasi:
   

Già mi sentia tutti arricciar li peli
de la paura e stava in dietro intento,
quand'io dissi: «Maestro, se non celi

Parafrasi:
   

te e me tostamente, i' ho pavento
d'i Malebranche. Noi li avem già dietro;
io li 'magino sì, che già li sento».

Parafrasi:
   

E quei: «S'i' fossi di piombato vetro,
l'imagine di fuor tua non trarrei
più tosto a me, che quella dentro 'mpetro.

Parafrasi:
   

Pur mo venieno i tuo' pensier tra ' miei,
con simile atto e con simile faccia,
sì che d'intrambi un sol consiglio fei.

Parafrasi:
   

S'elli è che sì la destra costa giaccia,
che noi possiam ne l'altra bolgia scendere,
noi fuggirem l'imaginata caccia».

Parafrasi:
   

Già non compié di tal consiglio rendere,
ch'io li vidi venir con l'ali tese
non molto lungi, per volerne prendere.

Parafrasi:
   

Lo duca mio di sùbito mi prese,
come la madre ch'al romore è desta
e vede presso a sé le fiamme accese,

Parafrasi:
   

che prende il figlio e fugge e non s'arresta,
avendo più di lui che di sé cura,
tanto che solo una camiscia vesta;

Parafrasi:
   

e giù dal collo de la ripa dura
supin si diede a la pendente roccia,
che l'un de' lati a l'altra bolgia tura.

Parafrasi:
   

Non corse mai sì tosto acqua per doccia
a volger ruota di molin terragno,
quand'ella più verso le pale approccia,

Parafrasi:
   

come 'l maestro mio per quel vivagno,
portandosene me sovra 'l suo petto,
come suo figlio, non come compagno.

Parafrasi:
   

A pena fuoro i piè suoi giunti al letto
del fondo giù, ch'e' furon in sul colle
sovresso noi; ma non lì era sospetto;

Parafrasi:
   

ché l'alta provedenza che lor volle
porre ministri de la fossa quinta,
poder di partirs'indi a tutti tolle.

Parafrasi:
   

Là giù trovammo una gente dipinta
che giva intorno assai con lenti passi,
piangendo e nel sembiante stanca e vinta.

Parafrasi:
   

Elli avean cappe con cappucci bassi
dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
che in Clugnì per li monaci fassi.

Parafrasi:
   

Di fuor dorate son, sì ch'elli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,
che Federigo le mettea di paglia.

Parafrasi:
   

Oh in etterno faticoso manto!
Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
con loro insieme, intenti al tristo pianto;

Parafrasi:
   

ma per lo peso quella gente stanca
venìa sì pian, che noi eravam nuovi
di compagnia ad ogne mover d'anca.

Parafrasi:
   

Per ch'io al duca mio: «Fa che tu trovi
alcun ch'al fatto o al nome si conosca,
e li occhi, sì andando, intorno movi».

Parafrasi:
   

E un che 'ntese la parola tosca,
di retro a noi gridò: «Tenete i piedi,
voi che correte sì per l'aura fosca!

Parafrasi:
   

Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi».
Onde 'l duca si volse e disse: «Aspetta
e poi secondo il suo passo procedi».

Parafrasi:
   

Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta
de l'animo, col viso, d'esser meco;
ma tardavali 'l carco e la via stretta.

Parafrasi:
   

Quando fuor giunti, assai con l'occhio bieco
mi rimiraron sanza far parola;
poi si volsero in sé, e dicean seco:

Parafrasi:
   

«Costui par vivo a l'atto de la gola;
e s'e' son morti, per qual privilegio
vanno scoperti de la grave stola?».

Parafrasi:
   

Poi disser me: «O Tosco, ch'al collegio
de l'ipocriti tristi se' venuto,
dir chi tu se' non avere in dispregio».

Parafrasi:
 

E io a loro: «I' fui nato e cresciuto
sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa,
e son col corpo ch'i' ho sempre avuto.

Parafrasi:
   

Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
quant'i' veggio dolor giù per le guance?
e che pena è in voi che sì sfavilla?».

Parafrasi:
   

E l'un rispuose a me: «Le cappe rance
son di piombo sì grosse, che li pesi
fan così cigolar le lor bilance.

Parafrasi:
   

Frati godenti fummo, e bolognesi;
io Catalano e questi Loderingo
nomati, e da tua terra insieme presi,

Parafrasi:
   

come suole esser tolto un uom solingo,
per conservar sua pace; e fummo tali,
ch'ancor si pare intorno dal Gardingo».

Parafrasi:
   

Io cominciai: «O frati, i vostri mali...»;
ma più non dissi, ch'a l'occhio mi corse
un, crucifisso in terra con tre pali.

Parafrasi:
   

Quando mi vide, tutto si distorse,
soffiando ne la barba con sospiri;
e 'l frate Catalan, ch'a ciò s'accorse,

Parafrasi:
   

mi disse: «Quel confitto che tu miri,
consigliò i Farisei che convenia
porre un uom per lo popolo a' martìri.

Parafrasi:
   

Attraversato è, nudo, ne la via,
come tu vedi, ed è mestier ch'el senta
qualunque passa, come pesa, pria.

Parafrasi:
   

E a tal modo il socero si stenta
in questa fossa, e li altri dal concilio
che fu per li Giudei mala sementa».

Parafrasi:
 

Allor vid'io maravigliar Virgilio
sovra colui ch'era disteso in croce
tanto vilmente ne l'etterno essilio.

Parafrasi:
 

Poscia drizzò al frate cotal voce:
«Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
s'a la man destra giace alcuna foce

Parafrasi:
 

onde noi amendue possiamo uscirci,
sanza costrigner de li angeli neri
che vegnan d'esto fondo a dipartirci».

Parafrasi:
 

Rispuose adunque: «Più che tu non speri
s'appressa un sasso che de la gran cerchia
si move e varca tutt'i vallon feri,

Parafrasi:
 

salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia:
montar potrete su per la ruina,
che giace in costa e nel fondo soperchia».

Parafrasi:
 

Lo duca stette un poco a testa china;
poi disse: «Mal contava la bisogna
colui che i peccator di qua uncina».

Parafrasi:
 

E 'l frate: «Io udi' già dire a Bologna
del diavol vizi assai, tra ' quali udi'
ch'elli è bugiardo, e padre di menzogna».

Parafrasi:
 

Appresso il duca a gran passi sen gì,
turbato un poco d'ira nel sembiante;
ond'io da li 'ncarcati mi parti'

Parafrasi:
 

dietro a le poste de le care piante.

Parafrasi:
 
Commento
Il Canto costituisce una sorta di pausa narrativa dopo il concitato episodio dei Malebranche e prima dei Canti XXIV-XXV dedicati alle mostruose metamorfosi della Bolgia dei ladri, in cui lo stile tornerà ad essere retoricamente elevato.

 

 

 

 

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