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Canto XXIV Inferno

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Riassunto
Il canto ventiquattresimo dell'Inferno di Dante Alighieri si svolge nella settima bolgia dell'ottavo cerchio, ove sono puniti i ladri; siamo nel mattino del 9 aprile 1300 (Sabato Santo), o secondo altri commentatori del 26 marzo 1300.

Dante e Virgilio giungono alla rovina del ponte crollato, tanto erta da essere impraticabile al vivo; dopo l'iniziale turbamento della guida e di riflesso anche dell'allievo per la difficoltà della risalita, Virgilio esorta Dante e lo aiuta nell'impresa che infine, dopo molta fatica e qualche rischio, li conduce sull'argine della settima bolgia.
 
Parafrasi
      In quella parte del giovanetto anno
      che 'l sole i crin sotto l'Aquario tempra
      e già le notti al mezzo dì sen vanno,
In quella stagione dell'anno iniziato da poco, in cui il sole intiepidisce i raggi sotto la costellazione dell'Acquario e la durata delle notti si avvicina a quella dei giorni,
 
    quando la brina in su la terra assempra
    l'imagine di sua sorella bianca,
    ma poco dura a la sua penna tempra,

Parafrasi:

   

lo villanello a cui la roba manca,
si leva, e guarda, e vede la campagna
biancheggiar tutta; ond'ei si batte l'anca,

Parafrasi:

 

ritorna in casa, e qua e là si lagna,
come 'l tapin che non sa che si faccia;
poi riede, e la speranza ringavagna,

Parafrasi:
   

veggendo 'l mondo aver cangiata faccia
in poco d'ora, e prende suo vincastro,
e fuor le pecorelle a pascer caccia.

Parafrasi:
   

Così mi fece sbigottir lo mastro
quand'io li vidi sì turbar la fronte,
e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro;

Parafrasi:
   

ché, come noi venimmo al guasto ponte,
lo duca a me si volse con quel piglio
dolce ch'io vidi prima a piè del monte.

Parafrasi:
   

Le braccia aperse, dopo alcun consiglio
eletto seco riguardando prima
ben la ruina, e diedemi di piglio.

Parafrasi:
   

E come quei ch'adopera ed estima,
che sempre par che 'nnanzi si proveggia,
così, levando me sù ver la cima

Parafrasi:
   

d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia
dicendo: «Sovra quella poi t'aggrappa;
ma tenta pria s'è tal ch'ella ti reggia».

Parafrasi:
   

Non era via da vestito di cappa,
ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,
potavam sù montar di chiappa in chiappa.

Parafrasi:
   

E se non fosse che da quel precinto
più che da l'altro era la costa corta,
non so di lui, ma io sarei ben vinto.

Parafrasi:
   

Ma perché Malebolge inver' la porta
del bassissimo pozzo tutta pende,
lo sito di ciascuna valle porta

Parafrasi:
   

che l'una costa surge e l'altra scende;
noi pur venimmo al fine in su la punta
onde l'ultima pietra si scoscende.

Parafrasi:
   

La lena m'era del polmon sì munta
quand'io fui sù, ch'i' non potea più oltre,
anzi m'assisi ne la prima giunta.

Parafrasi:
   

«Omai convien che tu così ti spoltre»,
disse 'l maestro; «ché, seggendo in piuma,
in fama non si vien, né sotto coltre;

Parafrasi:
   

sanza la qual chi sua vita consuma,
cotal vestigio in terra di sé lascia,
qual fummo in aere e in acqua la schiuma.

Parafrasi:
   

E però leva sù: vinci l'ambascia
con l'animo che vince ogne battaglia,
se col suo grave corpo non s'accascia.

Parafrasi:
   

Più lunga scala convien che si saglia;
non basta da costoro esser partito.
Se tu mi 'ntendi, or fa sì che ti vaglia».

Parafrasi:
   

Leva'mi allor, mostrandomi fornito
meglio di lena ch'i' non mi sentìa;
e dissi: «Va, ch'i' son forte e ardito».

Parafrasi:
   

Su per lo scoglio prendemmo la via,
ch'era ronchioso, stretto e malagevole,
ed erto più assai che quel di pria.

Parafrasi:
   

Parlando andava per non parer fievole;
onde una voce uscì de l'altro fosso,
a parole formar disconvenevole.

Parafrasi:
   

Non so che disse, ancor che sovra 'l dosso
fossi de l'arco già che varca quivi;
ma chi parlava ad ire parea mosso.

Parafrasi:
   

Io era vòlto in giù, ma li occhi vivi
non poteano ire al fondo per lo scuro;
per ch'io: «Maestro, fa che tu arrivi

Parafrasi:
   

da l'altro cinghio e dismontiam lo muro;
ché, com'i' odo quinci e non intendo,
così giù veggio e neente affiguro».

Parafrasi:
   

«Altra risposta», disse, «non ti rendo
se non lo far; ché la dimanda onesta
si de' seguir con l'opera tacendo».

Parafrasi:
   

Noi discendemmo il ponte da la testa
dove s'aggiugne con l'ottava ripa,
e poi mi fu la bolgia manifesta:

Parafrasi:
   

e vidivi entro terribile stipa
di serpenti, e di sì diversa mena
che la memoria il sangue ancor mi scipa.

Parafrasi:
   

né tante pestilenzie né sì ree
mostrò già mai con tutta l'Etiopia
né con ciò che di sopra al Mar Rosso èe.

Parafrasi:
   

Tra questa cruda e tristissima copia
correan genti nude e spaventate,
sanza sperar pertugio o elitropia:

Parafrasi:
   

con serpi le man dietro avean legate;
quelle ficcavan per le ren la coda
e 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate.

Parafrasi:
 

Ed ecco a un ch'era da nostra proda,
s'avventò un serpente che 'l trafisse
là dove 'l collo a le spalle s'annoda.

Parafrasi:
   

Né O sì tosto mai né I si scrisse,
com'el s'accese e arse, e cener tutto
convenne che cascando divenisse;

Parafrasi:
   

e poi che fu a terra sì distrutto,
la polver si raccolse per sé stessa,
e 'n quel medesmo ritornò di butto.

Parafrasi:
   

Così per li gran savi si confessa
che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo anno appressa;

Parafrasi:
   

erba né biado in sua vita non pasce,
ma sol d'incenso lagrime e d'amomo,
e nardo e mirra son l'ultime fasce.

Parafrasi:
   

E qual è quel che cade, e non sa como,
per forza di demon ch'a terra il tira,
o d'altra oppilazion che lega l'omo,

Parafrasi:
   

quando si leva, che 'ntorno si mira
tutto smarrito de la grande angoscia
ch'elli ha sofferta, e guardando sospira:

Parafrasi:
   

tal era il peccator levato poscia.
Oh potenza di Dio, quant'è severa,
che cotai colpi per vendetta croscia!

Parafrasi:
   

Lo duca il domandò poi chi ello era;
per ch'ei rispuose: «Io piovvi di Toscana,
poco tempo è, in questa gola fiera.

Parafrasi:
   

Vita bestial mi piacque e non umana,
sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana».

Parafrasi:
 

E io al duca: «Dilli che non mucci,
e domanda che colpa qua giù 'l pinse;
ch'io 'l vidi uomo di sangue e di crucci».

Parafrasi:
 

E 'l peccator, che 'ntese, non s'infinse,
ma drizzò verso me l'animo e 'l volto,
e di trista vergogna si dipinse;

Parafrasi:
 

poi disse: «Più mi duol che tu m'hai colto
ne la miseria dove tu mi vedi,
che quando fui de l'altra vita tolto.

Parafrasi:
 

Io non posso negar quel che tu chiedi;
in giù son messo tanto perch'io fui
ladro a la sagrestia d'i belli arredi,

Parafrasi:
 

e falsamente già fu apposto altrui.
Ma perché di tal vista tu non godi,
se mai sarai di fuor da' luoghi bui,

Parafrasi:
 

apri li orecchi al mio annunzio, e odi:
Pistoia in pria d'i Neri si dimagra;
poi Fiorenza rinova gente e modi.

Parafrasi:
 

Tragge Marte vapor di Val di Magra
ch'è di torbidi nuvoli involuto;
e con tempesta impetuosa e agra

Parafrasi:
 

sovra Campo Picen fia combattuto;
ond'ei repente spezzerà la nebbia,
sì ch'ogne Bianco ne sarà feruto.

Parafrasi:
 

E detto l'ho perché doler ti debbia!».

Parafrasi:
 
Commento
Il Canto è dedicato alla presentazione della Bolgia dei ladri, la cui descrizione occuperà anche il Canto successivo e sarà caratterizzata da uno stile particolarmente ricercato, specie nel descrivere le metamorfosi dei dannati.

 

 

 

 

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